
Ci sono linee invisibili che tracciano il confine tra ordine e disordine, tra civiltà e caos. Queste linee sottili, sì, sono rappresentate da istituzioni apparentemente intoccabili, come Ambasciate e Consolati, simboli di stabilità e controllo. Ma non lasciamoci ingannare dalla loro maestosa facciata, perché oltre di esse si cela l'abisso del caos. È qui, al di là di queste frontiere istituzionali, che l'umanità si confronta con la sua stessa follia.
Gli aerei che trasportano diplomatici, che solcano i cieli con la pretesa di portare pace e dialogo, in realtà sono veicoli potenziali per l'orrore. Sono come frecce pronte a scagliarsi nel cuore della civiltà, trasportando non solo passeggeri, ma anche il terrore e la distruzione. Quando il mondo è sconvolto da notizie di attentati, dobbiamo guardare oltre il danno immediato e scrutare cosa è stato colpito. È qui che comprendiamo se l'argine è stato superato, se siamo sull'orlo del baratro.
E una volta varcato quel punto di non ritorno, non ci saranno più rifugi sicuri. Non ci sarà alcuna via di fuga dalle conseguenze di un mondo impazzito. Le bombe atomiche, quelle armi di distruzione di massa, e le armi biologiche che avvelenano il cielo e la terra, non faranno distinzioni. Saranno come il flagello divino che si abbatte indistintamente su innocenti e colpevoli, su ricchi e poveri.
È nostro dovere, come esseri pensanti, come custodi della nostra stessa esistenza, comprendere la fragilità di questo equilibrio. Dobbiamo resistere alla tentazione dell'ignoranza e della cecità volontaria. Dobbiamo essere vigili, pronti a difendere ciò che resta di umanità in questo mondo. Solo così potremo sperare di evitare il precipizio, di salvare ciò che ancora può essere salvato.
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